COLLI

Lo scempio dei "Vallimpuni"

Questi marroni dei "Vallimpuni" saranno ormai solo un ricordo
Il paesaggio lunare dei Vallimpuni



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Una foresta secolare di castagni, sita nella località dei "Vallimpuni" di Colli di Monte Bove, non esiste più per la cupidigia degli uomini e per la furia iconoclasta di distruggere quello che la natura aveva impiegato centinaia di anni a costruire.
Nel corso dell'estate questo posto incantato, dove non penetrava un raggio di luce nemmeno quando il sole era allo zenith; gli alberi erano delle meravigliose sculture modellate dal tempo e dagli agenti atmosferici, è stato raso al suolo; devastata l'orografia del terreno con l'utilizzo di trattori a cingoli i cui segni indelebili sono ancora visibili, nonché la vita del sottobosco fatta di felci, funghi porcini, delicate fragoline e quei gustosi marroni qui rappresentati in una foto d'epoca.
Le piante secolari recise
Mi è stata raccontata una storia, che ha dell'incredibile, di come sia stato perpretato questo scempio: diritti alienati da non proprietari, sostituzione di persona addirittura non pù vivente, ecc. Siccome non ho potuto verificare questa versione, malgrado ad agosto mi sia recato due volte alla sede del corpo forestale dello Stato di Carsoli senza mai riuscire ad interloquire con i militari, mi limito a riportare le asserzioni più sbalorditive che mi sono state fatte. Dai frutti di questi alberi di castagno i nostri avi avevano tratto i mezzi per sfamare le loro famiglie nel corso dei duri e rigorosi inverni della prima metà del secolo scorso; le piante ed il terreno sottostante erano oggetto di una cura meticolosa (innesti, pulizia), rappresentavano un sapere contadino ontologico.
Rami restati al suolo
Le "statue" divelte
Sul terreno ora giacciono scheletri di alberi rinsecchiti, resti del taglio lasciati in deposito. E' rispettoso delle leggi tutto questo? Possibile che le autorità preposte al controllo siano impotenti almeno nell'imporre una sistemazione del territorio che possa favorire l'eventuale ricrescita del castagneto?

Gli affreschi della chiesa di S. Berardo (2)

Fig. 1 - Il pentimento di F. De Ambrosio (?)
Fig. 2 - Particolare del Pontefice
Antonio Proietti, noto cultore locale di storia dell'arte, ha spesso smascherato "arabiche imposture" nella descrizione e nell'analisi di affreschi ed iscrizioni lapidee del nostro territorio. Molti si adontano per la sua proverbiale precisione, noi invece siamo lieti di accogliere queste sue puntualizzazioni sui primi affreschi rinvenuti nella chiesa di S. Berardo di Colli di Monte Bove.
In primo luogo il suo attento lavoro fotografico ha fatto apparire particolari sfuggiti alla nostra prima analisi: i due personaggi principali, intrattengono il loro ipotetico dialogo, sotto la supervisione di un Papa, riconoscibile dalla Tiara che indossa e che troneggia, con autorità, sull'azione scenica. Inoltre il penitente ha le stimmati su una mano, particolare che fa pensare ad un ecclesiastico e, più segnatamente, ad un frate. La figura che riceve l'atto di contrizione, che abbiamo ipotizzato possa essere Berardo per il bastone pastorale vescovile, stringe con la mano destra un grosso volume, probabilmente un testo sacro dell'antichità.
Fig. 3 - Una collina o la chiesa di S. Berardo stilizzata?
Ma la grande novità è certamente questa nuova figura venuta alla luce che, seppur rappresentata con una tecnica pittorica piuttosto grossolana e scolastica, tuttavia racchiude motivi e dettagli d'indubbio interesse, che meritano di essere attentamente studiati, soprattutto quando potrà essere apprezzata l'intera narrazione pittorica (secondo don Paolo Panegrossi le due pareti della chiesa di S. Berardo sono ricoperte da pitture murali).
Come mostra la Fig. 3, sottoponendo l'immagine ad un ingrandimento elevato, tra i due personaggi principali sembrano potersi individuare gli elementi morfologici di una collina, o comunque di un rilievo geologico, non la stilizzazione della chiesa di S. Berardo come avevamo ipotizzato nel post del 16/09/2013. Dopo un'ulteriore approfondita ricognizione dell'affresco nella sua dimensione naturale, confermiamo la nostra prima impressione e ci permettiamo di dissentire -almeno su questo punto- con le dotte e pertinenti osservazioni di Antonio Proietti.
 

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