COLLI

Le lotte per il castello di Colli nel Trecento

Fig. 1 - Il frontespizio del prezioso volume
Il recupero di questo prezioso volume del 1903 da parte di Paolo Emilio Capaldi, ci ha consentito di circoscrivere meglio le vicende complesse che hanno caratterizzato la lotta per il possesso del Castello di Colli nei primi anni del Trecento, a conferma della sua eccezionale importanza strategica nell'alto medio evo.
La scoperta del testo è ancora più decisiva in quanto le pergamene dell'Archivio Orsini citate sono andate perdute o, comunque, non sono reperibili tra le risorse digitali online dell'Archivio Storico Capitolino che, come è noto, ospita una parte dell'Archivio Orsini (quella più cospicua è conservata all'UCLA di Los Angeles. Nutro il progetto, nei prossimi giorni, di interloquire con la dott.ssa Mori, responsabile dell'archivio Orsini di Roma, per tentare di rintracciare queste pergamene).
Il 16 Gennaio 1307, il re di Sicilia Carlo II, ordina al Giustiziere d'Abruzzo Ultra di "rimettere in possesso" Giacomo Napoleone Orsini, conte di Tagliacozzo, della sesta parte del castello di Colli, illegalmente occupata da Francesco de Pontibus (1). L'ingiunzione regia o fu disattesa dal Giustiziere oppure dopo una prima restituzione il castello fu di nuovo occupato  da Francesco de Pontibus (la lettura attenta dell'incipit della pergamena fa propendere per questa seconda ipotesi), perché il 4 Aprile 1311, un Decreto di re Roberto di Sicilia ordina di nuovo, questa volta al Giustiziere dell'Abruzzo Citra, di far restituire a Giacomo Napoleone de filiis Ursi, "la sesta parte del Castel dei Colli", specificando "toltagli con violenza da Francesco de Pontibus."
Fig. 3 - Seconda ingiunzione

Fig. 2 - Prima ingiunzione
Sempre nello stesso volume è citata questa ulteriore pergamena che attesta la rilevanza storica che assumeva il nostro paese, identificato come detentore di così vaste terre da potersi considerare un Feudo. Infatti nell'anno 1340 (non sono specificati il giorno ed il mese): "Nella città di Tagliacozzo davanti alla chiesa di S. Cecilia Pietro D. Riccardo Frangipane di Cisterna, Loreto di Santa Maria da Valle, beneficiati di San Pietro di Roma, Roberto di Capistrello, Napoleone di Colli, Cola Molo di Tivoli, attestano che il magnifico Orso di Giacomo di Napoleone de filiis Ursi, destinò a suo procuratore generale Giacomuccio Lalli da Visso, suo famigliare per l'acquisto di alcuni beni feudali nel castello di Colli".
Tutte le referenze iconografiche ci sono state inviate da Paolo Emilio Capaldi che si ringrazia.
Fig. 4 - Nomina procuratore





(1) La famiglia de Pontibus fu detentrice, probabilmente in condominio con altri signori locali, della Contea di Tagliacozzo, dal 1130 (fine della dinastia dei Conti dei Marsi) sino al 1270 quando Risabella de Pontibus, consorte di Giacomo Orsini e unica figlia del conte di Tagliacozzo Bartolomeo de Pontibus e di Maria d'Aquino, testa a favore del proprio coniuge il trasferimento della medesima contea.

La chiesa di S. Berardo, eziologia storica


La Diocesi dei Marsi
di  Paolo Emilio Capaldi

L’edificio di forma rettangolare, a navata unica, è oggi inglobato al margine orientale del centro urbano.
Nel 1324, la chiesa appare citata nell’elenco delle decime da versare alla Diocesi dei Marsi: « Ecclesie Collis et Lupe […] 904. Ecclesia S. Berardi » (1).
Un’altra pergamena (XXX) del 1397 (ante), al f. 12v, suppone l’esistenza della chiesa. Anche in questo caso si tratta dei tributi dovuti alla cattedrale dei Marsi (S. Sabina), in occasione delle festività maggiori: Natale, Pasqua, S. Maria d’Agosto, Ognissanti, S. Sabina e San Michele Arcangelo. « In vicaria de Carzolo. In primis iure procurationis ipsius Vicarie. In Taliacotio […] In Collibus ab ecclesia sancti Iohannis cum aliis ecclesiis eiusdem loci aur. unc. unam » (2).
Tre secoli più tardi, il Febonio riporta un’annotazione sulla dislocazione della chiesa di San Berardo: « In suo onore, fuori del paese, sula via Valeria, gli abitanti, come segno della loro indefettibile e ardente devozione verso il Signore, fecero costruire una chiesa in cui si venerano le sue reliquie » (3).
Sessant’anni dopo il Corsignani rammenta questa chiesa nella sua opera scrivendo: « Di là di Pereto giacciono le Terre o sian Ville di Colli colla Chiesa Parrocchiale di S. Niccolò Vescovo di Mira e coll’altra di San Berardo » (4).
L’ottocento si afferma come il secolo che ci dona numerose notizie di quest’edificio sacro. Il Di Pietro descrivendo le chiese che si trovano in Colli aggiunge: « Ha un’altra chiesa edificata fuori le mura e dedicata a San Berardo, ove si conserva di esso qualche sacra reliquia » (5).
Numerose saranno le note che l’allora parroco di Colli, don Paolo Panegrossi, offrirà ai posteri sulla chiesa di San Berardo: « Povera è questa chiesa e disadorna, l’altare è di stucco, come pure di stucco è la sovrappostavi statua del Santo vestito pontificalmente con mitra e pastorale, tutto bene eseguito ed in grandezza poco meno del naturale. Una volta questa chiesa era tutta istoriata di pitture le quali è fama che fossero ricoperte per decreto fatto in sacra visita da non so qual vescovo; forse perché, oltre ad essere rozzamente eseguite, erano anche mal conservate.
Oddone de Collibus
Le Chiese di Colli nel libro delle Decime
Talune di queste furono risparmiate e rappresentano le immagini di varii santi, e sotto qualcuna è il nome di chi per sua divozione le fece eseguire nell’anno 1625: come si trova ripetuto due volte, mentre nelle altre l’iscrizione è cancellata in tutto o in parte. Tra queste è da notare una in cui si vede la figura di una donna, che genuflessa e con le braccia protese presenta un ammasso sanguigno innanzi ad un’immagine di S. Berardo, che vedesi più in alto. Dicesi che quell’ammasso sanguigno rappresenti un bambino caduto disgraziatamente all’altezza del muro che fiancheggia la chiesa presso la porta d’ingresso, immediatamente morto e tutto deformato per la precipitosa caduta; e che presentato dalla madre innanzi all’altare del Santo, gli ritornasse la vita e la sanità; ma non si legge più la sottopostavi iscrizione. E’ questa nell’alto della parete laterale dal lato del vangelo. Nel basso della parete opposta si distingue per l’accuratezza dell’esecuzione di altro autore una pittura rappresentante un giovane uomo genuflesso, con le mani giunte e sollevate verso un’immagine del Crocifisso, il quale ha inchinato verso lui amorevolmente il capo e sotto vi si legge l’epigrafe - FABRIZIO DI AMBROSIO F.F. PER VOTO A.D. 1626. - Il significato di questa pittura non è per nulla oscuro nel paese, dove esiste la famiglia a cui quel Fabrizio apparteneva, e che ha preso poi il cognome di Barnabei; ed in essa si veggono fino al presente ripetuti i nomi di Fabrizio e di Ambrogio. Era dunque quel Fabrizio uno dei scherani, o come dicono, uno dei bravi dei principi Colonna ai quali apparteneva il feudo di Colli: ed egli dopo aver passata nel disordine una parte di sua vita; rientrato in sè stesso e compunto dal dolore de’ suoi peccati, si gettò ai piedi del Crocifisso, il quale rivolse verso di lui benignamente il volto, ed inchinò il capo in segno di misericordia » (6).
Nell’ultimo paragrafo del suo opuscolo egli pone a conoscenza il lettore di vari miracoli accaduti per l’intercessione del Santo vescovo, tra i quali ricorda: « Anche l’olio della lampada è preso sovente dai fedeli per ungerne infermi, ed affermano riceverne grazie; specialmente per quello stato morboso detto spina ventosa, che attacca le ossa e le corrode. Di tal male era affetto un tal Desiderato Petruccetti di Monte Sabinese, villa poco lontana da Colli, ed andato in Roma per curarsi, era stato risoluto doversi fare l’amputazione del braccio malato. A tal operazione non volle assoggettarsi, e licenziatosi dai professori curanti andò in Colli, visitò la chiesa di S. Berardo, unse coll’olio della lampada il braccio, ed in breve fu guarito. Al presente è libero; sicchè può occuparsi dei lavori di campagna, ed afferma esser guarito per intercessione del Santo » (7).

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1 – p. sella (a cura di), Rationes Decimarum Italiae. Aprutium – Molisium. Le decime dei secoli XIII-XIV, 1936 Città del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, p. 51.
Alla stessa pagina dell’elenco sono ascritte anche le chiese di San Giovanni, San Nicola, Sant’Angelo e le chiese di San Salvatore e Santa Maria di Luppa.
Nello stesso anno, nel registro appare anche un ulteriore obbligo da parte di Oddo di Colli verso la Diocesi dei Marsi: « 709. Die predicta et loco dompnus Oddo de Collibus solvit dictis subcollectoribus pro decima huius anni VIIe [indictionis] pro se et omnibus ecclesiis et clericis Collis et Luppe in carlenis de argento duobus per tarenum computatis in argento tar. duodecim ». Ibidem, p. 43.
C’è da aggiungere che già nel 1308 il clero del castello di Colli versò la decima alla diocesi. « 405. Clerici castri Colle solverunt tar.XVIII ». Ibidem, p. 22.
2 – m. r. berardi (a cura di), Una diocesi di confine tra Regno di Napoli e Stato Pontificio. Documenti e regesti dal fondo pergamenaceo della Curia Vescovile dei Marsi (secc. XIII-XVI), in Deputazione abruzzese di Storia e Patria. Documenti per la storia d’Abruzzo, n. 18, 2005 L’Aquila, Edizioni Libreria Colacchi, pp. 135.
Alle successive citazioni, nella stessa pergamena, degli oneri dovuti dalle chiese di Colli, sarà solo iscritta la chiesa di San Giovanni.
3 – m. febonio, Historiae Marsorum, libri tres, 1677 Neapoli, apud Michaelem Monacum. Rist., Storia dei Marsi, 1991 Roma, Di Cristofaro Editore, vol. III, p. 219.
4 – p. a. corsignani, Reggia Marsicana: ovvero memorie tipografico-storiche di varie Colonie e Città antiche e moderne della Provincia dei Marsi e di Valeria compresa, 1738 Napoli, 2 vol. Rist. anast., 1971 Bologna, Forni Editore, lb. I, p. 247.
5 – a. di pietro, Agglomerazioni delle popolazioni attuali della Diocesi dei Marsi, vol. II, 1869 Avezzano, rist. anast. [s.d.] Avezzano, Studio Bibliografico Adelmo Polla, collana “Storia d’Abruzzo”, n. 1, vol. II, p. 75.
6 – p. panegrossi, Memorie storiche intorno a S. Berardo Cardinale, Vescovo e protettore principale della Diocesi de’ Marsi, 1867 Roma, Tipi della Civiltà Cattolica. Rist. 2011 Subiaco, Comune di Carsoli, p. 44.
7 – Ibidem, p. 45

Lo scempio dei "Vallimpuni"

Questi marroni dei "Vallimpuni" saranno ormai solo un ricordo
Il paesaggio lunare dei Vallimpuni



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Una foresta secolare di castagni, sita nella località dei "Vallimpuni" di Colli di Monte Bove, non esiste più per la cupidigia degli uomini e per la furia iconoclasta di distruggere quello che la natura aveva impiegato centinaia di anni a costruire.
Nel corso dell'estate questo posto incantato, dove non penetrava un raggio di luce nemmeno quando il sole era allo zenith; gli alberi erano delle meravigliose sculture modellate dal tempo e dagli agenti atmosferici, è stato raso al suolo; devastata l'orografia del terreno con l'utilizzo di trattori a cingoli i cui segni indelebili sono ancora visibili, nonché la vita del sottobosco fatta di felci, funghi porcini, delicate fragoline e quei gustosi marroni qui rappresentati in una foto d'epoca.
Le piante secolari recise
Mi è stata raccontata una storia, che ha dell'incredibile, di come sia stato perpretato questo scempio: diritti alienati da non proprietari, sostituzione di persona addirittura non pù vivente, ecc. Siccome non ho potuto verificare questa versione, malgrado ad agosto mi sia recato due volte alla sede del corpo forestale dello Stato di Carsoli senza mai riuscire ad interloquire con i militari, mi limito a riportare le asserzioni più sbalorditive che mi sono state fatte. Dai frutti di questi alberi di castagno i nostri avi avevano tratto i mezzi per sfamare le loro famiglie nel corso dei duri e rigorosi inverni della prima metà del secolo scorso; le piante ed il terreno sottostante erano oggetto di una cura meticolosa (innesti, pulizia), rappresentavano un sapere contadino ontologico.
Rami restati al suolo
Le "statue" divelte
Sul terreno ora giacciono scheletri di alberi rinsecchiti, resti del taglio lasciati in deposito. E' rispettoso delle leggi tutto questo? Possibile che le autorità preposte al controllo siano impotenti almeno nell'imporre una sistemazione del territorio che possa favorire l'eventuale ricrescita del castagneto?

Gli affreschi della chiesa di S. Berardo (2)

Fig. 1 - Il pentimento di F. De Ambrosio (?)
Fig. 2 - Particolare del Pontefice
Antonio Proietti, noto cultore locale di storia dell'arte, ha spesso smascherato "arabiche imposture" nella descrizione e nell'analisi di affreschi ed iscrizioni lapidee del nostro territorio. Molti si adontano per la sua proverbiale precisione, noi invece siamo lieti di accogliere queste sue puntualizzazioni sui primi affreschi rinvenuti nella chiesa di S. Berardo di Colli di Monte Bove.
In primo luogo il suo attento lavoro fotografico ha fatto apparire particolari sfuggiti alla nostra prima analisi: i due personaggi principali, intrattengono il loro ipotetico dialogo, sotto la supervisione di un Papa, riconoscibile dalla Tiara che indossa e che troneggia, con autorità, sull'azione scenica. Inoltre il penitente ha le stimmati su una mano, particolare che fa pensare ad un ecclesiastico e, più segnatamente, ad un frate. La figura che riceve l'atto di contrizione, che abbiamo ipotizzato possa essere Berardo per il bastone pastorale vescovile, stringe con la mano destra un grosso volume, probabilmente un testo sacro dell'antichità.
Fig. 3 - Una collina o la chiesa di S. Berardo stilizzata?
Ma la grande novità è certamente questa nuova figura venuta alla luce che, seppur rappresentata con una tecnica pittorica piuttosto grossolana e scolastica, tuttavia racchiude motivi e dettagli d'indubbio interesse, che meritano di essere attentamente studiati, soprattutto quando potrà essere apprezzata l'intera narrazione pittorica (secondo don Paolo Panegrossi le due pareti della chiesa di S. Berardo sono ricoperte da pitture murali).
Come mostra la Fig. 3, sottoponendo l'immagine ad un ingrandimento elevato, tra i due personaggi principali sembrano potersi individuare gli elementi morfologici di una collina, o comunque di un rilievo geologico, non la stilizzazione della chiesa di S. Berardo come avevamo ipotizzato nel post del 16/09/2013. Dopo un'ulteriore approfondita ricognizione dell'affresco nella sua dimensione naturale, confermiamo la nostra prima impressione e ci permettiamo di dissentire -almeno su questo punto- con le dotte e pertinenti osservazioni di Antonio Proietti.

Gli affreschi della chiesa di S. Berardo

Fig. 2 - Il pentimento di F. de Ambrosio
Fig. 1 - Resti dell'antica parete sud
E' tornato alla luce nella chiesa di San Berardo di Colli di Monte Bove l'affresco di uno dei due prodigi attribuiti a Berardo e di cui da notizia Don Paolo Panegrossi nelle sue Memorie Storiche...(sarebbe però consigliabile che tali iniziative individualistiche, sia pur encomiabili nella loro dimensione volontaristica, venissero abbandonate in quanto continuando a paraticare interventi non professionali sulle pitture potrebbe arrecare danni irreversibili).
Qui è raffigurato il pentimento di Fabrizio de Ambrosio, bravo dei Colonna, per le angherie compiute ai danni degli abitanti di Colli. Quando l'opera sarà completamente restaurata, si leggerà il nome del comittente con la data di esecuzione, il 1626 (sperando che quella sgradevole cornice in legno apposta ai lati degli affreschi non abbia irrimediabilmente pregiudicato questa parte essenziale della narrazione pittorica).
Da un'osservazione attenta della pittura si può notare che tra i due personaggi è disegnato il profilo della chiesa di San Berardo che, a quel tempo -primo quarto del XVII° secolo- era molto più imponente di quella attuale: il lato sud era certamente più esteso (e questi resti che si trovano nel cosiddetto Peschio di S. Berardo sembrano confermarlo) e si distingue nettamente nel versante nord, verso il fondo, un'ulteriore costruzione (probabilmente la residenza dell'eremita era più ampia di quella attuale e si estendeva per almeno 3/4 nell'attuale via Valeria). Sinora nessuno studioso era stato in grado di ipotizzare una data di costruzione della chiesa di san Berardo (i lineamenti architettonici dell'interno facevano pensare ad una collocazione non anteriore alla seconda metà dell'Ottocento); ora, invece, si può fissare almeno un termine ante quem di edificazione nel 1626.
In occasione di una ricognizione effettuata nei giorni scorsi nell'area della chiesa di San Berardo in compagnia di Mario Dionisi, sono venuto a conoscenza di un suo ricordo di quando era ragazzo: su una pietra, purtroppo andata perduta a causa della costruzione dell'immobile che insiste ora sul posto, era incisa una croce che, mi piace pensare testimoniasse l'altro miracolo compiuto da Berardo in quel luogo: ridare la vita ad un bambino che era caduto nel baratro del lato sud della piazza dove oggi vi è un solido muro di protezione.

Berardino Simeoni, notaio di Colli (1676)

Località dei terreni di Colli nel 1700
Ordinazione Paolo Giovanni Domenico Bultrini di Colli







A conferma dell'ipotesi già formulata in un precedente post di questo Blog ("I... Fuochi di Colli di Monte Bove") di una consistente presenza di clericali a Colli nel corso del Settecento, concorrono anche questi due documenti che ci ha inviato il prof. Adolfo Bultrini, provenienti dall'Archivio Diocesano di Avezzano, riguradanti Berardino Simeoni nato a Colli il 15 giugno 1676 ( 11 marzo 1730) parroco di Rocca di Botte e notaio apostolico. Questi atti che prendevano il nome di Patrimonarie consistevano nell'elenco della dotazione di beni di cui venivano provveduti i seminaristi per il loro mantenimento e decoro dalle loro famiglie. Quello qui pubblicato, che riguarda il novizio Angelo Berardini di Colli, contiene altri elementi storicamente interessanti, come ad esempio le località dei terreni trasferiti in dote.
Il sigillo notarile di Berardino Simeoni
Alcuni di questi toponimi sono: "alli li frati", "Colle Palumbo", probabilmente l'attuale "colle paiume", "Fonti vive", "Cese di ....antonio". L'atto precisa, altresì, che ad Angelo veniva elargito anche "un Bove chiamato moricone" e "un cavallo chiamato colonnella". Seguono i nomi di alcuni testinmoni, Carolo Vincentio, Cristini Caroli, Dominici Angeli, ma, l'informazione più interessante è che tra questi testimoni c'era anche Barnabeo de Ambrogio che è un'altra conferma dell'eccellenza di storico di don Paolo Panegrossi. A Pagina 44 delle Memorie storiche... ci racconta di Fabrizio di Ambrosio, bravo dei Colonna, ritratto in uno degli affreschi, ora coperti da vari strati di tinteggiatura, della chiesa di San Berardo di Colli mentre si pente delle sue angherie ed invoca il perdono del vescovo dei Marsi; più oltre il sacerdote precisa che questo Fabrizio cambiò il suo cognome in Barnabei: ora questo antroponimo Barnabeo de Ambrogio, sintesi tra vecchio e nuovo, citato nell'atto, è una conferma - da fonte documentale - di quanto il fatto riportato sia attendibile.
Ringrazio l'ingegnere Massimo Basilici per la segnalazione della figura di questo illustre collese del passato.

Riscontri alle Memorie Storiche di don Paolo

Il Colera di Parigi
Colera Morbus attacca il Ministro - satira del XIX sec.













Abbiamo già avuto modo di sottolineare il rigore scientifico e l'attendibilità storica delle Memorie Storiche... di Don Paolo Panegrossi, ora ne abbiamo un'ulteriore riprova confrontando le notizie fornite sul Colera a Colli nel 1855 con le verifiche che si possono effettuare, disponendo online degli Archivi di Stato dell'Aquila sullo stato civile del periodo della Restaurazione (ringrazio Giuseppe Berardini e Giovanni Anastasi per avermi segnalato il link).
A pag. 14, nota 4, delle Memorie don Paolo afferma: "...Nel giorno 28 Agosto 1855 si manifestò in Colli il cholera... i morti non furon che 18 sopra una popolazione di men che 600... Giunse il giorno della festa della seconda domenica di ottobre. e la stessa mattina fu presa dal cholera una giovane, che ne moriva dopo pochi giorni... Da quell'ora in poi non vi furono più casi di cholera, ed i convalescenti si riebbero; e fu attribuito all'interecessione di Maria SSma". Il giorno è esatto quasi all'unità (il 26 agosto morì Rosolina Borgi di anni 40, anche se già in luglio si ebbero delle morti sospette) ed i morti sino al 14 ottobre, seconda domenica del mese, furono 16. Se si aggiungono i decessi successivi a questa data (in età comprese tra 30 e 58 anni, quindi verosimilmemente ancora attribuibili alla diffusione del morbo), si arriva al numero di 20 e, escludendo le morti del 3 settembre di Filippa de Carolis di anni 77 e del 1 ottobre di Luigi de Sante di anni 88, che potrebbero anche essere dovute all'età avanzata, si arriva proprio alla cifra riportata da don Paolo Panegrossi.
E' esatto alla lettera ciò che accadde il 14 ottobre, festa della Madonna dei Bisognosi, infatti, si ammalò Francesca Caroli di anni 30 che morì qualche giorno dopo, il 21 ottobre, come scritto nella nota 4 delle Memorie. Qualche perplessità, invece, desta quanto affermato in seguito "...da quell'ora in poi non vi furono più casi di cholera..." : qui ci sembra il religioso prendere il sopravvento sullo storico in quanto il 15 ottobre morì Sante Berardini di anni 50, il 21 appunto Francesca Caroli, il 19 novembre Flavia Jacoboni di anni 56, il 27 dello stesso mese Antonia Leonardi di anni 56; il 6 di dicembre perì Vittoria Leonardi di anni 58.
Fonti iconografiche: gallica.bnf.fr/Bibliothéque nationale de France

Berardo nel Martirologio Romano

di
 Paolo Emilio Capaldi

Leggendo la nuova pubblicazione scritta dal prof. Jacques Dalarun, mi sono imbattuto nelle pagine ben compilate che riguardano la «Cronologia della vita, del culto degli studi di Berardo, Vescovo dei Marsi» (1).
Nell’ultimo decennio ivi trascritto ho notato la mancanza di un paio di nuovi apporti fornitici nei nuovi libri liturgici quali il Martirologio Romano.
E’ pur vero che questi libri siano stati sottintesi dalla citazione della fonte principe del martirologio romano così inserita dall’autore: «1625 Filippo Ferrari menziona Berardo nel Catalogo generale dei Santi che non sono nel Martirologio romano» (2), ma mi paiono degni di essere notati e presentati in questa cronologia.

La revisione del nuovo martirologio romano
Le sessioni del solenne Concilio Ecumenico Vaticano II (1962–1965), conclusero che fosse necessario realizzare un nuovo “Martirologio Romano”. Infatti, nella costituzione sulla Sacra Liturgia del 4 dicembre 1963, denominata “Sacrosanctum Concilium”, al n. 92/c è scritto: «Le passioni o le vite dei santi siano riportate alla verità storica» (3).
Con questa nuova attenzione per primo fu stilato il nuovo “Calendario Romano”, sotto Paolo VI (4), che regola le feste dell’anno liturgico e le festività dei Santi, in seguito si arrivò a rivedere il testo base del Martirologio Romano per la prima volta emendato sotto Gregorio XIII, nel 1584, già più volte rivisto ed aggiornato fino all’edizione del 1960.
Questo testo fu confrontato con tutte le fonti storiche a disposizione: i cronografi, i calendari liturgici locali, le Passioni, gli Atti dei Martiri, i Martirologi preesistenti a quello Romano e le Agiografie.

Trafugata la statuetta in legno di Berardo

La statua in legno di Berardo in una vecchia foto (Archivio A. Barnabei)

Sabato scorso, 23 Febbraio, è stato perpretato nel nostro paese il furto sacrilego della statua in legno di Berardo custodita nell'abitazione del confratello estratto a sorte lo scorso anno.
E' stato rubato anche l'oro offerto al santo per ex voto ed i malviventi hanno legato ed imbavagliato la custode. La statuetta ha un irrilevante valore commerciale ma rappresentava un grande simbolo per i fedeli del paese e veniva trasportata in rito processionale il pomeriggio del 1 Maggio e del 3 Novembre di ogni anno in occasione, appunto, delle festività in onore di san Berardo.

Bérard des Marses. Un évêque exemplaire

E' apparso nel Febbraio 2013 presso Les Publications de la Sorbonne il volume del professore Jacques Dalarun, direttore di ricerca al CNRS di Parigi, Bérard des Marses (1080-1130). Un évêque exemplaire.

Il Film dell'epopea di Colli nella storia

La retrocopertina
Copertina del DVD
La storia di Colli di Monte Bove dall'età Longobarda all'epoca contemporanea. L'importanza dell'agiografia di Berardo illustrata attraverso l'analisi delle fonti medievali e moderne. Le vicende storiche della Marsica illuminate dal prezioso contributo di Sofia Boesch Gajano, professore onorario dell'Università 3 di Roma, costituiscono questo documentario realizzato con passione e competenza da Giuseppe Berardini e Giovanni Anastasi.
E' possibile fare richiesta del DVD inviando un'email all'indirizzo segnalato in "Contatti" al fondo di questo Blog.

I Panegrossi non ancora attivi a Colli nel 1669

Il Frontespizio della nuova Numerazione dei Fuochi
Il Duca Filippo Colonna proprietario delle Terre di Colli





















La nuova numerazione dei fuochi del Regno di Napoli del 1669 ci consente di conoscere il signore delle terre di Colli (il Duca Filippo Colonna di Tagliacozzo) e, indirettamente, di smentire la pubblicistica locale che collocava nel 1640 l'anno dell'arrivo della famiglia Panegrossi nel nostro paese.
Il nuovo registro è molto accurato nel recensire i proprietari dei beni immobili: infatti quando in una località questi beni sono posseduti da più famiglie sono puntualmente registrate e ad ognuna di esse è imputata la quota del tributo in ragione dell'entità dei possedimenti (ad esempio ciò accade per Capistrello e Leofreni).
Pertanto, pur non potendosi negare recisamente l'ipotesi della presenza a Colli di qualche componente la famiglia Panegrossi già in quell'epoca, si può assolutamente escludere che possedesse terre in quantità significative come, invece, avverrà nel secolo successivo, attestato dai molteplici atti di compravendita custoditi da Alberto Mantica, discendente matrilineare della famiglia Panegrossi.
 

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