COLLI

I Conti dei Marsi secondo Caracciolo/Beltrano

La Genealogia dei Conti dei Marsi di Caracciolo/Beltrano del 1671 è considerata la più esaustiva anche se non necessariamente, la più rigorosa e soprattutto scarsamente argomentata in letteratura.
E' in questo documento che, per la prima volta, s'introduce il rapporto di parentela tra il nostro Berardo e Santa Rosalia: "...S. Berardo detto di Colle sua Terra, Vescouo di Marsi, dal cui ramo uscì S. Rosolea, pronipote di detto Berardo.", poi ripreso, con insistenza, dal Corsignani, da Pietro Antonio Tornamira e dallo Zazzera.
Non è nostro compito indagare sulla patrologia della Chiesa: in questo ambito non è necessario documentare scientificamente enunciazioni edittali, che implicano un'accettazione acritica e fideistica, o assoggettare a severe verifiche le fonti scelte; quindi, è pienamente legittimo, celebrare con la massima solennità, questa pretesa parentela. Su ben altre basi, invece, riposa il dibattito storiografico: qui notiamo tutte le carenze di questi testi che si limitano a formulare asserzioni apodittiche senza essere sostenuti da una documentazione solida e indiscutibile.
Ad esempio, per il Tornamira, basta limitarsi alla sola analisi del titolo del volume Della Prosapia Paterna, Materna e di Palermo, Patria della Gloriosa Vergine S. Rosalia Monaca e dell'Ordine del Patriarca San Benedetto, per capire la sua inanttendibilità, in quanto è stato accertato da documenti ufficiali Vaticani che S. Rosalia non è stata monaca. Alla stessa stregua, lo Zazzera, citato costantemente dal Tornamira nella sua opera, confuse il Berardo Vescovo dei Marsi, con il Berardo Vescovo di Teramo, tra l'altro, neanche componente di un ramo collaterale della famiglia dei Conti dei Marsi.
La segnalazione della Genealogia dei Conti dei Marsi Caracciolo/Beltrano ci è stata fatta da Paolo Emilio Capaldi e da questo link è possibile scaricarla  al completo.

Quadri ricollocati nella chiesa S. Nicola di Bari

San Nicola di Bari (Foto: Antonio Barnabei)

Madonna delle Anime Sante (Foto: Antonio Barnabei)
Grazie alla solerzia ed all'amorevole cura che il Priore della Confraternita di San Berardo di Colli di Monte Bove, Giuseppe Simeoni, rivolge a tutto ciò che attiene i paramenti sacri e le opere d'Arte che si trovano nelle chiese del nostro paese, sono ritornati nella loro originaria collocazione i due quadri che ornavano l'uno l'altare maggiore (San Nicola di Bari, perfettamente restaurato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici dell'Aquila) e l'altro (Madonna delle Anime Sante), sul quale, purtroppo, non è stato possibile effettuare alcun intervento per la nota emeregnza nella quale versa il Patrimonio artistico della provincia dopo il sisma che ha colpito la città capolugo di regione nell'aprile del 2009.
Come è noto a tutti i collesi la chiesa San Nicola di Bari è stata espropriata, ufficialmente per ragioni di sicurezza, in realtà per logiche museali regionali che sfuggono all'umana comprensione, della scultura lignea policroma raffigurante una Madonna con bambino risalente al XIII secolo, ora in custodia presso il Museo della Marsica di Celano (AQ.).
Le autorità competennti dovrebbero capire che s'infligge uno sfregio all'opera stessa quando viene esiliata dal suo contesto di origine, nel quale prese forma e si  modellò l'idea dell'artista.
A Colli si sta valutando l'opportunità di far eseguire una copia della statua in legno per collocarla nella cripta dove originariamente era sistemata l'opera autentica (raffigurata qui a sinistra).

Il culto pellegrinale alla Grotta di Sant'Angelo

Domenica 8 Maggio, come ormai da tradizione secolare, i fedeli di Colli di Monte Bove si sono recati in culto pellegrinale alla rotte de Sant'Agno, trasportando la statua di San Michele, sino al cimitero.
Secondo una credenza popolare, se si immerge la testa in una cavità scavata nella roccia del vano superiore dell'eremo, si può udire la eco del sangue che scorre nelle vene dei Santi Martiri; strofinare, invece, la cosiddetta treccia della Madonna allevierebbe i sintomi del mal di testa. In passato, perchè ormai all'interno del luogo di culto non cresce più la vegetazione, alcune foglie di un arbusto erano raccolte per preparare un decotto da far bere alle puerpere che avevano difficoltà nell'allattamento.
Per una bibliografia essenzale sull'eremo di Sant'Angelo di Colli di Monte Bove:
- V. PACE, Bisanzio e l'Occidente, Viella 1996, (consultabile sul Blog);
- E. MINCATI, Eremi e luoghi di culto rupestri d'Abruzzo, Carsa 1996;
- G. MARUCCI, Il viaggio sacro, culti pellegrinali e santuari in Abruzzo, Andromeda 2000.
 

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